Un giovane trentenne vive da solo in un vetusto appartamento fiorentino e lavora da tre anni come receptionist di un piccolo hotel del centro città. Nel suo tempo libero ama rimanere in casa, specialmente davanti alla finestra spalancata di camera sua, e da lì, dal suo osservatorio privilegiato sul mondo, guarda ogni notte la città nascere e la vita rimettersi in moto. Al tragitto da casa a lavoro, sempre uguale a se stesso, eseguito ogni giorno come un rito, se ne alterna uno astratto, in cui fotografie di attimi passati si mischiano continuamente alle divagazioni dei suoi pensieri; così la sua vita scorre su due binari che continuamente si intersecano e si allontanano, quello del reale e dell'irreale, quello del viaggio quotidiano che lo porta a lavoro e quello mentale grazie al quale cerca, a poco a poco, di crearsi una cittadella interiore e di allontanare il dolore provocato dalla separazione con Sara. Attraverso il suo sguardo volto all'interno scopriamo così un mondo assurdo, solitario e silenzioso, in cui il protagonista si trova ad osservare l'organizzazione sociale dei batuffoli di polvere sotto al suo letto, a seguire le peripezie di un piccolo vascello e la sua ciurma che solca un mare racchiuso nel termosifone di camera senza mai raggiungere un approdo, ad ascoltare i lamenti dell'olio, chiuso nella sua bottiglia, che ripensa alla sua felice giovinezza bruscamente interrotta, a trasfigurarsi in un pesce da fondale sordo ad ogni voce esterna, ad ipotizzare l'esistenza di un Dio che vive nell'appartamento a fianco al suo ma che non risponde. Come se vivesse in un suo personale universo dove accadono miracoli intrisi di simboli e di segnali, attraverso una trama tutta mentale, ci racconta, chiuso come un riccio nella sua intimità, il percorso iniziatico di superamento delle difficoltà e matura in questo modo, attraverso l'analisi della sua esistenza, un assorbimento lento, un esorcismo personale. Scopre così il lato nascosto delle cose, il significato non visibile, va a ripescare, nel dormitorio del tempo, tutta la luce del proprio io passato.
SPIEGAZIONE DEL TITOLO:
Se ogni cosa osservata non esiste in quanto materia e non è altro che la luce che quella cosa riflette verso di noi, allora dove va a finire tutta quella luce che non viene assorbita dai nostri occhi, dove viaggia, o va a riposare, o si estingue la luce prodotta dal mio corpo in tutti quegli attimi in cui nessuno è stato davanti a me pronta a recepirla? Riuscire a ritrovare, a percepire, quella luce vagante potrebbe essere allora un modo per riguardare indietro al proprio passato e, in questo modo, imparare da esso.